– Bioetica e diritti del malato: una testimonianza

Riceviamo la trascrizione di questo interbento pubblico, effettuato dalla dott. Adelina Zanella durante la Assemblea del Coordinamento Salute FVG “SALUTE BENE COMUNE UN DIRITTO, NON UN AFFARE”, l’intervento è stato svolto a nome del Comitato del sanvitese Salute Pubblica Bene Comune.

Vorrei iniziare questo mio intervento citando la filosofa bioeticista Monia Andreani che scrive:

L’essere umano è fragile e vulnerabile e vive in una relazione di cura in ogni momento della sua vita. In questo senso, la cura è il grado zero della nostra umanità, la possibilità stessa di esistere.

Partendo da questo concetto vorrei portare all’attenzione di quanti a vario titolo si occupano di salute, l’importanza del tempo dedicato alla comunicazione e alla relazione nelle attività inerenti alla promozione, al mantenimento e al rispristino della salute.
La grave carenza di organici che la politica regionale ha consapevolmente e colpevolmente indotto, non porta solo all’allungamento delle liste di attesa, alla riduzione della quantità di prestazioni ospedaliere o ambulatoriali erogate, non è un gioco di numeri, sono attività rivolte alle PERSONE che nel riceverle, quando finalmente ci riescono, non vorrebbero essere considerate un organo da esaminare o dei sintomi da valutare…
Avrei dovuto parlare dialcune tematiche riguardanti l’etica della cura e le attività che risentono del poco tempo che gli operatori hanno a disposizione per la relazione di cura… ma invece vi racconto la storia vera di una PERSONA sulla settantina, che vive in casa di riposo perché non c’è altra soluzione più umana a disposizione, che da 2 anni e mezzo, a causa del covid (?) non può più uscire liberamente dalla struttura, che per la sua fragilità psichica è in cura SOLO farmacologica, una Persona che il 20 maggio manifesta uno scompenso psichico per cui viene accolta nel CSM 24h, dove viene fortemente sedata e dopo pochi giorni trasferita in un reparto ospedaliero di medicina perché ha febbre, tosse, difficoltà respiratorie… non ha il covid, ma una polmonite che potrebbe essere da ingestione visto l’effetto negativo degli psicofarmaci sulla deglutizione.

Nel reparto internistico le visite non sono consentite il sabato e la domenica perché non c’è personale che possa effettuare lo screening all’ingresso… e la Persona resta sola il lunedì in orario visite, la nostra PERSONA viene caricata in barella e portata al reparto di Diagnosi e Cura in un altro ospedale, perché “agitata” senza che nessuno chieda un consenso informato, senza che l’unico parente sia avvisato, senza che qualcuno possa assicurarsi che questo trasferimento sia regolare perché non è mai stato nominato un Amministrate di sostegno dopo i classici 8 giorni, viene dimessa dal Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura e trasferito al CSM 24 ore… dove rimane appunto 24 ore, consuma due pasti e manifesta nuovamente le difficoltà respiratorie… torna in medicina: gli internisti intervengono sull’infezione polmonare, ma la PERSONA è completamente disfagica, non può mangiare, inadeguata la nutrizione parenterale, impossibile quella enterale perché nessuno può dare l’assenso per confezionare una gastrostomia e poi è sempre agitata, ha bisogno di assistenza, di qualcuno che stia con lei, che la tranquillizzi, che le impedisca di farsi male….  ma in un reparto per acuti questo non è mai possibile soluzione? la contenzione meccanica oltre a quella farmacologica… legata per giorni finché, al primo miglioramento internistico viene riportato al diagnosi e cura dove i pazienti almeno non vengono legati ed è ancora lì… è passato un mese, ha subito 6 trasferimenti, non ha potuto partecipare alle scelte di cura, nessuno gli ha mai proposto un accordo terapeutico anticipato da attivare in caso di crisi, il diritto alla riservatezza diventa un ostacolo che impedisce di informare gli amici sulla situazione clinica… tutti i suoi diritti etici sono stati violati anche a causa del numero ristretto di operatori che nei reparti ospedalieri come nella salute mentale, è talmente esiguo che la relazione e la pianificazione delle cure non può essere contemplata…il numero insufficiente di operatori non consente un’adeguata formazione degli stessi, il numero insufficiente di operatori non consente che vengano attuati altri interventi terapeutici e di assistenza oltre alla somministrazione di farmaci e attività relative ai bisogni per la gestione del “corpo” il numero insufficiente di operatori li costringe a lavorare senza più potersi ricordare che la cura è il grado zero della nostra umanità…

24 GIUGNO 2022 Zugliano – Udine